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Digital workplace experience, gli errori da evitare per una postazione di lavoro efficace e sicura

Con il dilagare dello Smart Working, occorre mettere a disposizione dei dipendenti una postazione di lavoro remota efficace e apprezzata dagli impiegati. Non solo è necessario anche rivedere le policy. Ma non è semplice: il “fai da te” può nascondere delle insidie. Ecco 5 errori comuni da non commettere  

Pubblicato il 15 Set 2021

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L’esplosione del fenomeno Smart Working, che da mera necessità organizzativa si è trasformato in un radicale cambio di paradigma, ha comportato grandi cambiamenti all’interno delle aziende. Anche le società più restie sono state costrette a costruire, spesso anche da zero, una digital workplace experience, ovvero una postazione di lavoro efficace e apprezzata dagli impiegati, effettivamente in grado di trasformare il modo di lavorare e di utilizzare la tecnologia come vettore. Ma non è affatto facile implementare una digital workplace experience interattiva, intuitiva, user friendly e fluida. In questo articolo cercheremo di evidenziare quali sono gli errori assolutamente da non commettere.

Primo errore: non tenere conto delle modalità di lavoro flessibili

Per costruire una digital workplace experience efficace è necessario cambiare modo di pensare poiché la tecnologia, rispetto al passato, non è solo un facilitatore, bensì un elemento portante. Cosa significa questo? Che il primo errore da non commettere è quello di digitalizzare tout court le vecchie modalità operative. Ad esempio, potrebbe apparire contraddittorio costringere i dipendenti a osservare un orario fisso. Più che al controllo dell’orario la dirigenza dovrebbe focalizzarsi sul raggiungimento degli obiettivi. A cambiare, infatti, non sono solo i tempi ma anche le modalità di accesso al lavoro che sono molto più fluide. La tecnologia, e conseguentemente la digital workplace experience, portano con sé nuove prospettive. L’adozione dello Smart Working comporta la completa revisione di tutte le regole che disciplinano le HR.

Non basta però imporre dall’alto i cambiamenti, occorre educare e “sensibilizzare” i propri dipendenti, anche attraverso corsi di formazione, facendo capire loro quali siano gli effettivi vantaggi dell’adozione della postazione di lavoro digitale.

E il management? Chiaramente deve essere attivamente coinvolto, svincolandosi dalla vecchia idea di ufficio e dell’orario di lavoro. Avere il coraggio di cambiare è essenziale quando si lancia una digital workplace experience e questo vale soprattutto per il management, che deve avere fiducia nei propri dipendenti e nei nuovi processi operativi.

Secondo errore: non definire cosa si intende per digital workplace

Secondo Gartner il digital workplace “abilita nuovi e più efficaci modi di lavorare; aumenta l’impegno e l’agilità dei dipendenti; e sfrutta stili e tecnologie orientati al consumatore”. Questa è solo una delle tante definizioni che è possibile dare di digital workplace, tuttavia, prima di adottare una qualsiasi trasformazione digitale, l’azienda deve assolutamente definire cosa intende e quali sono i suoi obiettivi, allocando un adeguato budget. L’efficace implementazione di una digital workplace experience, infatti, passa proprio da qui, ossia dalla definizione di quello che per l’azienda costituisce un ambiente di lavoro digitale, con gli strumenti e le risorse necessarie per adottarlo.

Terzo errore: non misurare le performance

Una volta implementata una soluzione di digital workplace, come si fa a sapere se sta funzionando e se effettivamente valeva la pena allocarvi una buona fetta del budget? Non è sempre facile mostrare un legame diretto tra una o più piattaforme integrate e un miglioramento delle entrate e/o della produttività. L’evidenza aneddotica potrebbe non bastare per soddisfare il CFO, ecco perché quando si pianificano progetti e iniziative digitali è necessario inserire gli obiettivi e gli indicatori correlati, così da poterli concretamente misurare. Rispetto al passato è tuttavia molto più facile misurare la produttività poiché le nuove piattaforme di analisi dell’ambiente di lavoro possono fornire statistiche in tempo reale.

Quarto errore: fare tutto da soli

Affinché l’implementazione della digital workplace experience possa considerarsi efficace, l’azienda si deve concentrare sui processi e sulla semplificazione. I processi devono essere rivisti sotto la logica della fluidità; le vecchie abitudini vanno abbandonate e i dipendenti devono essere messi nelle condizioni di trovare tutte le informazioni e le risorse necessarie per lavorare da remoto. Ad esempio, il flusso di lavoro non può essere considerato efficiente se le informazioni importanti sono salvate in troppi posti diversi.

L’azienda, prima di adottare una o più piattaforme, deve stabilire quali siano le sue effettive esigenze e questo può essere fatto solo attraverso un’approfondita analisi iniziale che tenga conto di tutte le peculiarità della compagnia. Lo sbaglio che molte aziende fanno è quello di fare tutto da sole, spesso sopravvalutando le loro effettive capacità di analisi e la competenza delle risorse interne. Se inizialmente questo potrebbe tradursi in un risparmio, a lungo andare non avere adottato una digital workplace experience non idonea al soddisfacimento delle esigenze dell’impresa potrebbe rilevarsi controproducente. Ecco perché è importante avvalersi di un consulente esterno che possa consigliare una o più soluzioni “su misura” compatibili, effettuare un audit iniziale e fornire supporto grazie al know-how in questo specifico settore. Un esempio è WESTPOLE,  specialista nel supportare le aziende in questo percorso.

Quinto errore: sottovalutare l’importanza della sicurezza

L’utilizzo del proprio PC, tablet o laptop personale come postazione di lavoro ha comportato un forte cambiamento di scenario dal punto di vista della security, con il diffondersi del social engineering, tecnica in cui gli attaccanti coinvolgono direttamente l’utente e lo convincono a rilasciare le informazioni sensibili.

In virtù di questo scenario è quindi opportuno che l’azienda si affidi a un partner esterno: WESTPOLE ha il know-how per effettuare l’assessment dei sistemi e individuare le vulnerabilità che possono essere presenti nei software. Tenere aggiornati i software, utilizzare solo quelli licenziati, far sì che si abbia conoscenza di tutti gli applicativi presenti all’interno della macchina, sono alcune regole basilari. Un antivirus aggiornato non basta più: serve un anti-malware evoluto basato sull’AI, capace di capire in anticipo eventuali comportamenti difformi dell’utente. WESTPOLE ha al suo interno un team di figure specializzate che può valutare l’effettivo livello di sicurezza dell’azienda, proponendo eventuali soluzioni migliorative. Oggi mettere in campo i migliori strumenti informatici di protezione può non bastare perché è assolutamente necessario monitorarli e configurarli costantemente.

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