Reportage

Smart Working e Employee Experience: abbattere le distanze coinvolgendo IT, HR e persone

Lo Smart Working non è quello emergenziale della pandemia, ma un paradigma del lavoro che prevede la piena flessibilità di orari, spazi e device, in cui si procede per obiettivi e si responsabilizza la persona. Engagement, reskilling, leadership, etica della tecnologia e benessere le parole chiave emerse in un evento a cui hanno partecipato i manager di BNL, Emak, Eni, Kiko, Quanta, Randstad, RCS, SiramVeolia, Sky Italia, Westpole

Pubblicato il 21 Apr 2021

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Lo Smart Working è una delle trasformazioni digitali accelerate dalla pandemia di Covid-19. Per molte persone, da marzo 2020, il lavoro da casa è diventato, in tempi record, l’unico modo possibile di lavorare. A circa un anno di distanza lo Smart Working prova a superare la fase emergenziale per maturare in un vero lavoro intelligente, non solo più produttivo, ma più centrato sul benessere della persona e sulla riorganizzazione delle funzioni e della leadership aziendale. Questo il tema della Tavola rotonda “Abbattere le distanze: investire sulla Employee Experience” organizzata dal gruppo Digital360 con il supporto di Westpole. La trasformazione verso lo Smart Working richiede, infatti, non solo tecnologie, ma revisione dei processi, soprattutto nelle HR, competenze e cultura, e ripensamento degli spazi, dagli uffici alle città, hanno sottolineato i manager che hanno partecipato alla Round Table.

Smart working: la sfida coinvolge organizzazioni, persone, spazi

Per dare una misura di quanto il salto verso lo Smart Working diffuso sia stato repentino basta considerare che nel 2019 si contavano in Italia 570mila smart worker su una forza lavoro totale di circa 20 milioni (dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano); a marzo 2020 i lavoratori con “flessibilità di orari e spazi” erano 6,5 milioni e a settembre circa 5 milioni. «Le stime del new normal, ovvero a fine pandemia, si assestano sui 5,3 milioni di lavoratori che possono essere spostati verso forme di lavoro flessibile, e si tratta di uno scatto organizzativo e culturale estremamente rilevante», ha sottolineato Emanuele Madini, Associate Partner e Practice Leader dell’area “People & Innovation” di P4I – Partners4Innovation. «La sfida coinvolge organizzazioni, persone, spazi».

Per le organizzazioni è importante definire fin da ora il nuovo modo di lavorare, rafforzando il distance management. I people manager hanno rinnovati compiti di tutela della salute, ma anche di stimolo della motivazione e del coinvolgimento delle persone. Inoltre, nel nuovo equilibrio “phygital” in cui le attività si svolgeranno in parte in presenza in parte in modalità virtuale, le aziende saranno chiamate a riadattare gli spazi fisici, unendo ai sistemi di desk sharing la capacità di rendere comunque rilevanti e “attraenti” le sedi in ottica di employee engagament e wellbeing.

Il ruolo delle “nuove esperienze” e dell’HR Tech

«Il centro del cambiamento resta la creazione di nuove esperienze soddisfacenti per il dipendente. Possiamo pensare per esempio a policy sulla flessibilità basate sull’attività che il dipendente svolge», ha affermato Madini. Un modello è quello dell’activity-based working, che specializza le opzioni di flessibilità in base a quattro esigenze lavorative delle persone: creatività, concentrazione, collaborazione, comunicazione. Ovviamente il focused-worker può più efficacemente lavorare da remoto rispetto a chi ha bisogno di collaborare.

«La employee experience si ripensa anche attraverso l’HR Tech, l’uso di tecnologie emergenti a supporto dei processi HR», ha proseguito Madini. «Con un modo di lavorare più dinamico le aziende devono avere nuovi strumenti tecnologici per monitorare le prestazioni, la soddisfazione e il benessere dei dipendenti. L’approccio data-driven e il continuous feedback permettono ai manager di essere sempre in linea con le loro persone. È un nuovo management di precisione che personalizza l’employee experience e la gestione delle risorse umane».

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Smart Working e Employee Experience: top manager a confronto

«Il futuro del modo di lavorare sarà una parte essenziale del mondo di domani», ha affermato Gabriele Provana, Head of ICT Infrastructure Operation and Delivery, Eni, «e dobbiamo impostarlo con una coerenza complessiva, non solo tecnologica. Serve la collaborazione all’interno dell’azienda e all’esterno, con le parti sociali. Gli scenari saranno disegnati non su logiche tecnologiche e commerciali, ma sulla base del purpose e dei comportamenti».

«L’azienda e l’HR hanno il nuovo compito di puntare sul concetto di fiducia, abbassando il focus sul controllo e spostandosi sulla capacità delle persone di auto-organizzarsi», ha dichiarato Andrea Zuppicich, International Human Resources, Emak. «Le performance saranno migliori, ma l’azienda deve essere capace di trasmettere costantemente i propri valori. Assumeremo i Millennials proprio in base alla cultura aziendale e alla maggior libertà nel modo di lavorare».

«Con lo Smart Working è stato messo l’accento sul green e la sostenibilità: rendiamo questo un punto di partenza per il futuro», è intervenuto Fabrizio Locchetta, CIO, SiramVeolia. «Nel New Normal saranno essenziali anche l’equilibrio tra lavoro in presenza e lavoro da remoto, nonché l’approccio di sistema: non si può fare Smart Working in ordine sparso, occorre una gestione centrale con una regia delle istituzioni».

«La prima fase dello Smart Working è stata un prezioso laboratorio di ricerca: abbiamo imparato a sperimentare, anche a sbagliare, a cercare nuove strade, a far cadere gli alibi», ha evidenziato Katjna L.L. Lo Giudice, Head of Transformation & Change Management – CTO & Group ETS, Sky Italia. «Con questo spirito dobbiamo cercare la nuova quotidianità del lavoro e dell’organizzazione delle attività».

«Per noi il futuro è con un 30-40% di personale in Agile Working. È un trend che va incontro anche a quanto ci chiedono i candidati nei colloqui», ha sottolineato Fabio Bogoni, Head of Technology, Kiko. «Gli strumenti digitali resteranno complementari in uno scenario in cui lavoro in presenza e agile working si affiancano: per un’azienda retail il rapporto personale con i clienti è fondamentale e non sostituibile dal self-service o dal solo canale e-commerce».

«Nel New Normal del lavoro non vale più l’equazione lavoro in presenza-controllo del lavoratore», ha affermato Andrea Gaspari, Delivery Director, Westpole. «Il vero Smart Working è responsabilizzazione delle persone: l’organizzazione e i comportamenti diventano più liquidi e le prestazioni si misurano non solo con le ore di presenza. Inoltre, con il lavoro anywhere è fondamentale che l’azienda potenzi l’efficacia della comunicazione interna per dialogare efficacemente con le sue persone».

«Passaggio epocale nella gestione dei manager»: questo l’aspetto del nuovo modo di lavorare evidenziato da Simona Toschi, HR Business Partner, Quanta: «Vedo probabile anche l’emergere di nuovi ruoli, sia figure junior che profili più esperti dotati di versatilità e capacità di supporto al mondo HR: il futuro potrebbe dar vita a nuove professionalità focalizzate sulla cura delle persone e delle esperienze». 

«Il vero Smart Working implica nuove regole e una nuova consapevolezza», ha affermato Giandomenico Oldano, Responsabile Operations IT, RCS. «Per le Redazioni si è trattato di un cambiamento importante: sembrava impossibile non essere fisicamente presenti per “comporre il giornale”. Ma l’impegno delle persone, supportate dall’IT, ha permesso il cambiamento e ora vediamo un futuro in cui si potrà operare indifferentemente in ufficio o a casa».

Ha parlato di Smart Working come vero “tsunami” Giovanni Di Muoio, HR Business Partner, BNL (Gruppo BNP Paribas): «Sta a noi scegliere se farci travolgere o cavalcare questa onda. Non tutte le persone possono lavorare da remoto all’interno della stessa azienda ed è importante far convivere le due anime evitando conflitti. Le imprese sono chiamate anche a un forte reskilling: in passato si è investito nella mono-competenza, ma non è più un metodo valido».

«Il futuro del lavoro è anche fatto di aziende più attente alla salute, al benessere, all’inclusività, ad aiutare le persone a liberare il proprio potenziale», ha affermato Annalisa Bonifacio, Head of Talent Acquisition & Sales – Randstad HR Solutions, Randstad. «Vedo un futuro positivo ma con tanto da costruire in fatto di competenze, riorganizzazione dei processi, cultura».

Il nuovo modello vincente: ambienti di lavoro su misura le persone

 «Il lavoro agile vuol dire innanzitutto ripensamento del modello organizzativo: quello vincente sarà incentrato sulle persone, con ambienti di lavoro disegnati sulle esigenze di chi lavora», ha dichiarato Ivan Monni, Business Unit Manager Apple di Westpole. «Permettere alle persone di lavorare ovunque si trovino dà vantaggi di produttività e work-life balance: per questo il futuro non può prescindere da un modello ibrido. Ciò porta con sé anche il ripensamento dell’IT e della sicurezza. Il New Normal del lavoro aiuterà le aziende ad attrarre i talenti migliori sul mercato e a trattenere le proprie risorse più preziose, vincendo grazie alla capacità di offrire un ambiente flessibile, su misura per la persona».

User experience del lavoratore al centro dello Smart Working: così si potenzia l’employee experience

«Tutte le tematiche legate al New Normal del lavoro – dalla sicurezza alla gestione dei device – vanno a definire la nuova user experience sia per l’utente che per l’IT: esperienza per le persone che devono lavorare tutti giorni in modo semplice con i propri device e esperienza per l’IT che deve avere facilità di gestione di questi dispositivi», ha affermato Monni. «È quindi tempo di mettere l’accento sulla employee choice: il lavoratore deve poter scegliere il suo device, perché così è più soddisfatto e produttivo. È un nuovo concetto che avvicina IT e HR  e si basa sulla fiducia nel dipendente al posto del controllo e sull’esperienza d’uso ancor prima della tecnologia. Cambierà veramente il modo in cui l’azienda funziona e l’efficacia con cui le persone collaborano».

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