Innovation Management

Open Innovation: così Unilever ricerca (e scambia) talenti

La multinazionale proprietaria di 400 marchi – tra cui Algida, Coccolino, Svelto – ha deciso di puntare sulla cosiddetta ‘economia dei talenti aperti’, per mettere a fattor comune le competenze interne con quelle provenienti dall’esterno, e per acquisirne di nuove in modo rapido con la creazione di un ecosistema sempre più interconnesso

Pubblicato il 26 Lug 2018

Filippo Frangi

Osservatorio Startup Intelligence

Alessandra Luksch

Direttore, Osservatori Digital Transformation Academy e Startup Intelligence, Politecnico di Milano

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Unilever sta vivendo una trasformazione organizzativa e culturale, trainata da un’apertura agli stimoli che provengono dall’esterno che permette di individuare le opportunità di business disruptive.

Presente in 90 Paesi, con 200 filiali distribuite in tutto il mondo, proprietaria di 400 marchi tra i più diffusi nel campo dell’alimentazione, bevande, prodotti per l’igiene e per la casa, tra cui Algida, Coccolino, Svelto, Badedas, la multinazionale anglo-olandese è consapevole del fatto che «in quanto azienda di mass market e largo consumo le opportunità di crescita più importanti non nascono solo in seno al core business attuale, ma scaturiscono anche dall’esplorazione di canali nuovi ed emergenti», come ha ribadito Gianfranco Chimirri, HR & Communication Country Director. «Dobbiamo quindi focalizzarci maggiormente sullo sviluppo del digitale, andando incontro ai trend di consumo dei nostri clienti per anticipare e soddisfare le loro esigenze».

Il processo di trasformazione di Unilver sta seguendo due direttive principali: una esterna e una interna. Le iniziative rivolte all’esterno sono state avviate con l’obiettivo di connettere l’azienda con l’Open Talent Economy. Ad esempio, con il progetto Unilever Startup Program startup con diversi livelli di maturità lavorano su brief definiti dall’azienda, cercando di restituire soluzioni di business che possano poi essere prototipate congiuntamente. Unilever si riserva anche la possibilità di investire in queste società, nel caso in cui sorgano potenziali opportunità di business. Un altro progetto riguarda l’utilizzo di piattaforme di crowdsourcing per la raccolta di idee e di stimoli: l’obiettivo dell’iniziativa è mettere a fattor comune le competenze interne con quelle provenienti dall’esterno, accelerando così il processo di innovazione e accrescendo la possibilità di cogliere opportunità profittevoli. C’è poi il Talent Swap, il progetto innovativo che prevede lo scambio di talenti con altre organizzazioni all’avanguardia nel mondo Digital e Open Innovation: in questo modo è possibile acquisire nuove competenze in maniera rapida attraverso la creazione di un ecosistema sempre più aperto e interconnesso.

Lo sviluppo di progetti indirizzati all’open innovation innanzitutto rende il tessuto organizzativo più flessibile, adattabile e reattivo ai cambiamenti, sempre più frequenti all’interno del contesto competitivo. Allo stesso tempo, permette a Unilever di attingere a talenti, competenze e innovazioni che internamente non avrebbe il tempo e la possibilità di sviluppare. «L’implementazione di queste iniziative ci sta permettendo, da un lato, di lavorare per accelerare la crescita in nuovi canali e aumentare le opportunità di business da poter analizzare. Dall’altro lato, ci permette di sviluppare competenze e soft skills in ambito digitale all’interno della nostra organizzazione, stimolando così le persone ad una maggiore partecipazione e imprenditorialità, e avviando l’auspicato cambiamento culturale interno», ha affermato Chimirri.

Internamente è in corso un processo per ridisegnare l’organizzazione e renderla più agile, veloce e interconnessa, così da favorire i processi di innovazione. Secondo Chimirri, «uno dei progetti più importanti è quello che riguarda la creazione di incubatori interni dove adottare metodologie ispirate all’approccio Lean Startup, sperimentando sia nella fase di idea generation che in quella di prototipazione ed execution, con metodologie quali co-designing e design thinking. L’obiettivo principale è quello di stimolare un cambiamento di mentalità e di cultura all’interno dell’organizzazione, sviluppando competenze nuove e favorendo l’imprenditorialità a tutti i livelli», ha concluso Chimirri.

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