Success story

Dai Baby Boomer alla Generazione Z: così in Workday convivono cinque generazioni sul posto di lavoro

Prestare attenzione alla trasparenza cara ai Millennial, pensare a programmi di enegagement per i neolaureati, riconoscere le persone come tali e non solo come dipendenti, valorizzare le soft skill. La strategia messa in piedi dalla multinazionale, che offre soluzioni gestionali in Cloud, che ha imparato a focalizzarsi sui momenti più significativi della vita lavorativa di ogni dipendente

Pubblicato il 06 Nov 2019

Greg Pryor

Senior Vice President, People and Performance Evangelist, Workday

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Oggigiorno, ci sono molte realtà in cui convivono fino a cinque generazioni sul posto di lavoro. In Workday per esempio, l’età dei dipendenti varia dai baby boomer, ossia le persone nate tra il 1946 e il 1964, alla Generazione Z, i neolaureati alle prese con le prime esperienze lavorative. Sappiamo che le differenze generazionali sono all’origine di grandi trasformazioni sul posto di lavoro. Questa constatazione è stata avvalorata anche da un recente approfondimento (realizzato proprio da Workday), che ha confermato la mia convinzione che l’affermarsi della generazione dei dipendenti millennial in ruoli di leadership e l’ingresso della generazione Z nella forza lavoro sono i due fattori che contribuiscono di più a modificare le dinamiche che tradizionalmente caratterizzano la leadership, l’apprendimento e la cultura aziendale.

Per noi è vitale che tutte e cinque le generazioni che convivono sul posto di lavoro comprendano l’unicità delle prospettive e delle esigenze degli altri, per capitalizzare il più possibile il potenziale dell’asset più prezioso di qualsiasi società: le risorse umane. Ho studiato le esigenze delle giovani generazioni sul posto di lavoro (in particolare i Millennial, i leader di domani, e la generazione Z) per capire quali sono i modi migliori per coinvolgerle. Sono, come dicevo, i leader del nostro mondo di domani, saranno loro ad assumere le decisioni per le nostre aziende nei prossimi decenni. Vi propongo alcuni spunti.

I Millennial al comando

Nel 2025 i Millennial rappresenteranno i tre quarti della forza lavoro globale e molti di loro occuperanno posizioni di leadership. Visto che alcuni di loro lavorano già in Workday, ho deciso di renderli partecipi dell’esito della nostra ricerca per raccogliere le loro reazioni. Per esempio, sono d’accordo sul fatto che i millennial chiedono trasparenza sul posto di lavoro?

Ho parlato con Diana Fischer, direttrice dei Global Impact and Employee Programs in merito alla sua esperienza come leader millennial e le ho chiesto che cosa pensa degli attributi che vengono associati alla sua generazione. Si è detta pienamente d’accordo con quanto emerso relativamente alla trasparenza. «Non vorrei mai lavorare in un posto che non attesti un livello elevato di trasparenza e di rispetto per le opinioni di tutti i gruppi di età», mi ha detto. «Possiamo chiamarlo il modo di pensare dei millennial o semplicemente un approccio contemporaneo, ma un’azienda di successo deve essere permeabile a tutti i livelli di anzianità, tutti i reparti, tutte le mansioni».

Anche per quanto riguarda l’apprendimento, Diana Fischer concorda con il report, in base al quale risulta che internet è la risorsa numero 1 per i millennial, abituati ad acquisire informazioni in maniera autonoma.

«Credo che si debbano dare i mezzi alle persone affinché possano lavorare e trovare da sole le risposte. È un sistema molto più efficiente. Ma dovremmo concentrarci anche sulle competenze trasversali (le cosiddette soft skill), che non si imparano certo su internet: come sviluppare le competenze manageriali? Come promuovere una comunicazione efficace? Come si diventa un buon partner commerciale? Le risposte a queste domande non si trovano su Wikipedia».

Come team votato alla leadership siamo d’accordo con Diana Fischer. Per questo motivo diamo i mezzi ai nostri dipendenti affinché possano condividere le loro conoscenze e apprendere reciprocamente attraverso piattaforme come Workday Learning, che si rifà a un’esperienza cliente come YouTube e offre svariate opportunità di apprendimento e crescita.

Diana Fischer dispensa alcune pillole di saggezza agli altri millennial che aspirano a ricoprire ruoli di leadership: «Mostratevi curiosi e il successo arriverà. Iniziate con un luogo di ascolto. Siate analitici, siate curiosi. Dite sì a tutte queste opportunità di crescita».

E ai leader delle altre generazioni chiede: «Se gestite una forza lavoro costituita da millennial, in che modo create gli spazi per consentire a queste persone di cogliere le opportunità che intravedono?”

L’influenza esercitata dalla generazione Z

Abbiamo un programma di 12 mesi chiamato Generation Workday, incentrato sulla generazione Z. Aiutiamo questi dipendenti, che chiamiamo GW, a sviluppare le loro competenze, mettendo a disposizione opportunità e possibilità di interazione e incoraggiandoli anche a divertirsi. Il programma registra un elevato tasso di partecipazione, ma ero curioso di sentire gli aneddoti personali che stanno dietro alle cifre.

George Matelich è un senior associate product manager della generazione Z. Mi ha parlato dell’importanza di essere riconosciuti come persone, non solo come dipendenti; questo sentimento riflette i risultati della ricerca McKinsey, che ha riscontrato l’espressione dei valori individuali nella generazione Z più che nelle altre. «Il programma mi ha permesso non solo di crescere professionalmente, ma mi ha anche incoraggiato a dare il meglio di me sul lavoro, e questo ci ha aiutati a relazionarci meglio tra noi. Siamo qualcosa di più che una semplice somma di competenze.»

George concorda con la ricerca sulla generazione Z e conviene che nella ricerca del lavoro per lui è stato essenziale garantirsi una solida base finanziaria. Anche Kate Dey, responsabile dei Programmi universitari, ha osservato che questa generazione attribuisce molta importanza all’aspetto finanziario. Molti hanno genitori che vennero licenziati durante la Grande Recessione del 2008, spiega, e si indebitarono per pagarsi gli studi universitari. «Sono interessati alla pianificazione finanziaria, a stabilire un piano pensionistico efficace, a come vendere, o tenere, le azioni ricevute con i vari piani di cointeressenza.»

In base alla nostra relazione, anche i lavoratori della generazione Z si preoccupano degli aspetti sociali e amano essere coinvolti personalmente nelle cause sociali. Vanessa Heimowitz, responsabile del programma Talent Acquisition, l’ha notato nelle sue interazioni con questo gruppo. In Workday gestisce i progetti a impatto per i GW: i partecipanti propongono i loro progetti, molti dei quali sono utili per l’intera comunità. Per esempio hanno organizzato un’iniziativa di baratto di libri usati e i libri non utilizzati vengono donati a una biblioteca locale; hanno anche lavorato con studenti a basso reddito proponendo programmi di orientamento al lavoro. Vanessa nota che i GW si appassionano a progetti che permettono di interagire e aiutare gli altri.

Più simili che diversi

Dalla nostra ricerca emerge che in tutte e cinque le generazioni che convivono sul posto di lavoro ci sono più similitudini che differenze. In Workday, trasversalmente alle generazioni, ci focalizziamo sui momenti più significativi per ogni dipendente nel corso della sua esperienza lavorativa. Ci sforziamo di raggiungere i dipendenti là dove si trovano e di aiutarli a sviluppare le loro capacità, fornendo opportunità di crescita e approfondendo le interrelazioni tra colleghi.

Come possiamo essere sicuri di agire per il meglio? Non usiamo gli stereotipi di una generazione per strutturare i programmi: l’intelligenza sta nel prestare attenzione alla nostra forza lavoro così variegata, alle sue esigenze e aspettative. Facciamo di tutto per sviluppare i nostri programmi adattandoli alle differenze e alle esigenze che rendono unici i nostri dipendenti. E la nostra indagine settimanale, Best Workday Survey, ci fornisce ulteriori dettagli per comprendere meglio le esperienze e i sentimenti di tutte le generazioni che compongono la forza lavoro di Workday.

Se è importante comprendere le differenze intergenerazionali sul posto di lavoro, è ancora più importante trattare le persone come individui. Dai baby boomer alla generazione Z, non possiamo che essere tutti d’accordo su questo.

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