Formazione

EFM Engage Academy: il lavoro del futuro si costruisce rendendo visibili e coltivando le relazioni tra le persone

È tempo di andare oltre il concetto di Smart Working: il successo delle organizzazioni non dipende da “dove” le persone si trovano, ma è centrale il modo in cui interagiscono, sviluppando intelligenza collettiva ed energia funzionali agli obiettivi di business e di espressione del talento personale. È l’evoluzione organizzativa e di pensiero che rende le imprese “a prova di crisi”

Pubblicato il 17 Mar 2021

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Smart working, proviamo a spingere sul pulsante fast-forward e a proiettarci in un futuro che è già alle porte. Il focus sugli scambi, sulle connessioni, sul valore creato investendo sull’interazione tra le persone diventa essenziale quanto la digitalizzazione di strumenti e processi, perché il lavoro smart non è semplicemente tecnologia applicata alla produttività, ma un’opportunità unica di employee empowerment. Secondo eFM, la società specializzata nel ridisegnare luoghi – fisici e digitali – per esperienze “engaging”, produttive e a supporto del benessere individuale, lo smart working si concretizza in una work experience ottimale i cui pilastri sono l’attivazione delle persone, la creazione di spazi in linea con il nuovo contesto di lavoro diffuso, l’investimento in community intra ed interaziendali che arricchiscono la nostra vita.

«Lo spazio diventa luogo di aggregazione e partecipazione», sottolinea Emanuele Quintarelli, Senior Advisor di eFM. «E la cura dell’engagement permette di rimanere uniti anche in un ufficio diffuso e ibrido – fra fisico e digitale – in cui le persone lavorano e collaborano ovunque si trovano e indipendentemente dai device a disposizione».

Da questa filosofia nasce l’Engage Academy di eFM. Un’azione di sensibilizzazione culturale e di diffusione di nuovi modi di lavorare in grado di aiutare l’azienda a riconoscere e valorizzare finalmente il peso delle reti di persone nella costruzione di capitale sociale e risultati business. Ciò è possibile immaginando, abilitando e coltivando un percorso di crescita di nuove figure professionali, gli Engager. Si tratta di conoscitori e animatori di reti, persone che all’interno dell’azienda agiscono da catalizzatori del coinvolgimento, tessitori di relazioni, generatori di “collisioni” verso l’interno, ma anche verso l’esterno (partner, fornitori, clienti, etc.), al fine di aumentare la capacità di ascolto del mercato, di generazione di nuove opportunità di valore, anche non economico, per l’intero sistema sociale.

«Le aziende stanno capendo il valore e la centralità delle relazioni; ora noi offriamo un metodo “scientifico” per portarle alla luce, nutrirle, ampliarle e renderle una forza positiva per i risultati e il benessere dell’impresa, delle persone e del territorio», dichiara Quintarelli.

EFM Engage Academy: emersione del network, skill relazionali e nuovi modelli di leadership

L’Engage Academy di eFM parte dall’analisi scientifica e dall’esplicitazione della rete di relazioni che esiste in ogni azienda. La “scuola” degli engager mette a disposizione un palinsesto di contenuti di altissimo livello e skill relazionali – oggi mancanti – al fine di sviluppare nuove conoscenze, generare “collisioni casuali”, stimolare riflessioni sul ripensamento dei modelli di management e di leadership, attivare chirurgicamente legami differenziali rispetto al patrimonio sociale in essere.

Il percorso proposto da eFM alle imprese poggia sulla tecnologia digitale per portare a ripensare spazi, strumenti e processi, ma l’infrastruttura principale su cui si fonderanno le organizzazioni sarà sempre più il network relazionale che le caratterizza. Bisogna conoscerlo, alimentarlo e sostenerlo. Si tratta innanzitutto di un cambiamento culturale: la digitalizzazione, unita a un nuovo modo di vivere i luoghi, può diventare una leva vincente per le persone, che si troveranno a lavorare più motivate, e per le aziende, messe in condizione di trarre il meglio anche dalle situazioni di crisi, tramite un contesto più adatto ad alimentare appartenenza, contaminazione ed innovazione.

«Lo smart working non è confinamento in spazi diversi ma la capacità di trarre vantaggio da luoghi diffusi. Dobbiamo imparare ad abitarlo per non isolarci dagli altri, interagendo in modo proficuo aldilà della posizione geografica in cui ci troviamo», afferma Quintarelli. Ciò richiede anche un nuovo modo di concepire la leadership al fine di tenere insieme persone che lavorano nello spazio e nel tempo. L’Engage Academy guarda anche a questo tema: «Il leader diventa un community manager, il cui primo compito è quello di mettere in connessione ed amplificare, non strutturare o controllare, per rendere l’impresa agile e adattiva, come un organismo vivente».

L’Engager e il ruolo di community weaver

Ma quali sono le caratteristiche della figura dell’Engager? È un comunicatore, innanzitutto. Sa connettersi con gli altri e connettere gli altri, facilitando le relazioni tra team e livelli organizzativi, sostenendo lo scambio di idee e la creazione di fiducia. Ha una buona visuale sul mercato, è capace di far incontrare ambiti trasversali, agisce da traduttore e mediatore culturale. È una persona energica, proattiva, estroversa. Ha passione e credibilità professionale. Conosce le persone in azienda e le loro attitudini, ma sa anche ispirare un senso di trust all’esterno dell’organizzazione.

L’Engager esercita il ruolo di community weaver (“tessitore di comunità”) e l’attività di “boundary spanner”, consentendo alla novità di entrare, in modo osmotico, attraverso i confini del network, per assicurarne un continuo scambio, messa in discussione e rinnovamento.

«Si tratta di una figura che, conoscendo e curando la rete, può aiutarla ad evolvere al fine di supportarne meglio gli obiettivi. Perché, per quanto possiamo far ancora fatica a vederla, la rete è direttamente responsabile della messa a terra della strategia, è un incentivo alla produttività, lavora per il successo aziendale», evidenzia Quintarelli. «La circolazione della conoscenza crea capacità di resilienza e di adattamento continuo nelle persone e, di conseguenza, in tutto il sistema».

Un lavoro duplice dunque: olistico, attraverso il rafforzamento di una cultura della relazione, così come di dettaglio, intervenendo in maniera puntuale sugli elementi di rigidità del network grazie all’analisi del suo stato, alla cura della sua evoluzione, al lavoro su pattern relazionali specifici.

Da wellbeing a wholebeing come asset aziendale

Nel modo attuale di fare “smart” working esiste anche un forte elemento di stress, un rischio di burnout, una difficoltà a trovare il benessere psicofisico e l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Quello dell’Engage Academy è un intervento di campo, finalizzato a creare un contesto che migliori la fioritura delle persone attraverso il miglioramento del benessere “sociale”.

«Guardare all’essere umano, al collega, al partner nella sua interezza, complessità, fragilità ed unicità all’interno di un ambiente di cui è parte attiva è essenziale non solo per le persone: è un bene di cui beneficia l’intera organizzazione», afferma Quintarelli. «Il wholebeing, la possibilità di portare nel mondo del lavoro, con fiducia, tutte le sfaccettature, compresi i nuovi bisogni umani e psicologici emersi in questi mesi, come fonte di ricchezza e diversità, è un asset per l’impresa. Persone motivate e soddisfatte consentono all’azienda di pensare in modo divergente, di amplificare energie spesso nascoste, di prendersi la responsabilità di esplorare nuove strade. E il wholebeing è innanzitutto questione di risonanza con i colleghi, con la cultura, con la possibilità di adattarsi e aprirsi a un apprendimento continuo».

Le organizzazioni del futuro: impatto sociale e sostenibilità oltre la CSR

Catalizzare energia e relazioni ha d’altronde vero impatto solamente se gli effetti sono in grado di valicare il perimetro aziendale. Superando il concetto di Corporate Social Responsibility (CSR), passione, coraggio, curiosità e proattività aumentano esponenzialmente quando innescate da un purpose, uno scopo non sovrapposto alla mera massimizzazione del profitto. «L’attività di engagement dei team e della community deve essere in linea con il perché, il contributo netto a livello di tutti gli stakeholder del sistema che l’azienda si propone di generare. È così che l’impegno delle persone ed i valori che le collegano si tramutano in impatto sull’ecosistema», afferma Quintarelli. «Non c’è solo un ritorno economico, ma anche sociale, intellettuale, umano, politico, naturale: è questione di identità e riconoscimento del ruolo dell’azienda, e ruolo e identità sono ancora una volta legati al network e alla risonanza tra le persone».

L’eFM Engage Academy porta un trasferimento di cultura e metodo ad un duplice livello, coltivando l’engagement nel tempo e facendo emergere l’intelligenza collettiva bloccata sia all’interno che tra imprese, al fine di prepararle meglio ad un futuro intrinsecamente complesso e mutevole, grazie ad una maggiore capacità di lettura dei segnali deboli, di una strutturale capacità di apprendimento e di un adattamento costante al cambiamento.

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