Tecnologie

Altea People: «Dall’AI un grande aiuto per gestire la forza lavoro»

Soluzioni di intelligenza artificiale per la pianificazione della forza lavoro e della mobilità interna fino all’applicazione della blockchain per certificare, senza ombra di dubbio, percorsi formativi e competenze. Come gestire oggi la complessità del mondo del lavoro con l’aiuto delle tecnologie, secondo la prospettiva di Miguel Angel Rondon, Ceo di Altea People

Pubblicato il 10 Gen 2022

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Crescita esponenziale dell’innovazione tecnologica, con la necessità di un costante aggiornamento delle competenze tecniche; aumento delle dimissioni volontarie, quasi 500mila solo nel secondo trimestre del 2021 in Italia; carenza di risorse specializzate sul mercato e accelerazione della domanda-offerta di certificazioni sui corsi erogati dai provider tecnologici. Questi sono tutti fattori che aumentano la complessità che le Direzioni HR stanno affrontando. «Nelle aziende si sta vivendo un combinato composto di fenomeni che creano non pochi grattacapi all’HR, dalla carenza di risorse specializzate, alla “fuga” di quelle disponibili, alla sempre maggiore richiesta di certificazione della propria forza lavoro da parte dei clienti, sia lungo la catena del b2b, sia nell’anello finale del b2c. La buona notizia è che oggi le nuove tecnologie, che sono con-causa di tanto mismatch, sono anche parte della soluzione, grazie alla disponibilità di piattaforme gestionali basate su potenti motori di intelligenza», spiega Miguel Angel Rondon, Ceo Altea People, società di consulenza per la trasformazione digitale dei processi HR, che fa parte dell’ecosistema Altea Federation.

Oggi è infatti possibile intervenire con azioni di “intelligence” per prevedere le risorse che servono in base ai picchi della domanda, ma anche in base a quel fenomeno di dimissioni di massa innescate dalla pandemia, oltre il naturale turnover. Di conseguenza, oggi, nonostante l’aumento di complessità, si può intercettare più velocemente le risorse, sia all’interno che all’esterno, e allocarle dove servono in base alle esigenze di business. «Il passo successivo sarà dotarsi di sistemi di blockchain sia per proporsi al mercato con le certificazioni richieste, doppiamente validate, sia per selezionare in fretta profili certificati sicuri», prosegue Rondon.

L’AI per la pianificazione della forza lavoro

Gli ultimi due anni hanno accelerato i processi di digitalizzazione delle imprese, sia con strumenti di lavoro a distanza, sia a livello di produzione per efficientare i processi, consentire la manutenzione e il controllo da remoto ed essere competitivi sul mercato. L’esplosione di un processo già in corso, che avrebbe richiesto anni in condizioni normali, ha però sottolineato anche la carenza di profili con competenze digitali sufficienti sia a livello tecnico sia manageriale, riattivando la cosiddetta “guerra dei talenti”. Tuttavia, oggi, grazie alla lettura “digitale” dei dati relativi alle risorse umane interne, agli analytics e a motori di intelligenza artificiale che sorreggono i sistemi gestionali, è possibile incrociare con maggiore facilità e accuratezza domanda e offerta per una pianificazione puntuale della forza lavoro. È dunque possibile incoraggiare una maggiore mobilità interna, sia a livello orizzontale che verticale e pianificare le risorse anche in chiave prospettica, analizzando le correlazioni tra diversi fattori: cambiamento delle competenze richieste, rimodellizzazione di ruoli e funzioni, picchi della domanda per fattori stagionali, ma anche non programmabili, come accaduto per alcuni settori durante la pandemia e, non da ultimo, aumento delle dimissioni volontarie. Anche rispetto al mercato del lavoro e alle attività dei recruiter, i sistemi automatici dotati di algoritmi possono ridurre i tempi di ricerca e selezione di personale specializzato, garantendo un’alta precisione e accuratezza. «Le nuove tecnologie aiutano nell’accesso a un bacino selezionato di candidati e nella scrematura dei profili più idonei, compreso il tema discriminante delle certificazioni che consente una ulteriore preselezione», precisa Rondon.

L’AI per trattenere i talenti

L’analisi e l’interpretazione dei dati relativi alla propria forza lavoro aiutano anche a contrastare il fenomeno delle dimissioni volontarie che la pandemia ha fatto scoppiare, portando in superficie e anche intensificando malcontenti e così dimostrando la necessità di ascoltare di più le esigenze dei dipendenti. Ne consegue l’urgenza di personalizzare il più possibile i percorsi di sviluppo di carriera e di formazione/certificazioni in base alle competenze, al potenziale individuale, alle esigenze di business, ma anche seguendo le preferenze di ciascun collaboratore. Le informazioni che si possono raccogliere e interpretare grazie ad algoritmi mirati aiutano a mettere la persona giusta al posto giusto, “scovando” anche quei talenti e potenziali interni, ancora inespressi, che si possono aiutare a far emergere. «Oggi il concetto di personalizzazione si applica a tutti i livelli del lavoro, comprese le modalità, in presenza, da remoto, in forma ibrida. La pandemia ha fatto scoprire che si può lavorare ed essere concentrati e produttivi anche in un altro modo, o altri modi, grazie al supporto delle piattaforme collaborative. Tuttavia non tutto va bene per tutti, sicché un maggiore ascolto dei bisogni, anche attraverso sistemi di Natural Language Processing e una lettura incrociata di sempre maggiori variabili grazie a sistemi “intelligenti”, contribuisce a una maggiore soddisfazione delle persone, aiuta a migliorare il clima aziendale, la coesione, la redemption e anche la produttività», sostiene Rondon.

Certificazione delle competenze e blockchain

Un altro fenomeno in crescita, in parte correlato alla crescita esponenziale di corsi di formazione online, è quello delle certificazioni delle competenze. In particolare, i provider tecnologici impongono sempre più l’attestazione di corsi e aggiornamenti per poter accedere e utilizzare le proprie piattaforme tecnologiche. La piattaforma Credly Acclaim dal 2018 fornisce accreditamenti digitali rispetto a corsi e percorsi di formazione, assicurando l’idoneità dei professionisti a svolgere determinati ruoli e a lavorare su determinati sistemi informatici. «Sempre più spesso le certificazioni vengono richieste come prerequisito per lavorare sul mercato come fornitori di competenze, manutenzione e assistenza. D’altronde, potendo scegliere, non dà più sicurezza servirsi di un fornitore che dimostri di avere le carte in regola per svolgere quel determinato compito?», commenta Rondon. In pratica, poter dimostrare di possedere certe skill diventa un fattore competitivo sia per le aziende nei confronti dei potenziali clienti, sia per i candidati sul mercato del lavoro. Tuttavia, trattandosi sempre più di corsi e certificazioni digitali, si pone il problema della loro stessa autenticità. Già in passato si poneva il problema di curriculum non veritieri, ma oggi i rischi aumentano, come la necessità di inserire velocemente profili specializzati, così la direzione sarà quella di dotarsi di sistemi tecnologici per contrastare il fenomeno, riducendo al contempo tempi e costi di selezione di risorse e di verifica dell’attendibilità delle competenze e certificazioni conseguite. «La blockchain, come archivio inalterabile di transazioni, è la soluzione del futuro, perché risponde a bisogni sempre più diffusi di verificare e assicurarsi velocemente l’autenticità delle competenze richieste e delle certificazioni dichiarate. Si può partire con progetti pilota, che coinvolgano alcune categorie professionali, ma poi la direzione sarà quella: disporre di un “contenitore” inalterabile di certificati, punteggi e diplomi relativi alla propria forza lavoro, ai professionisti esterni e alle risorse delle altre aziende. In pratica, un database doppiamente validato cui attingere, che renderà sempre più sicure e veloci le dinamiche di assunzione e la chiusura di contratti tra clienti e fornitori di prodotti, servizi e manodopera», conclude il manager di Altea People.

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