Nuove competenze

Power skill: le competenze che aiutano le persone a stare al passo con il mondo del lavoro che cambia

Lavorare in uno stato di continuo cambiamento è ormai la normalità ma serve mettere i dipendenti nelle condizioni di affrontarlo in modo proattivo ed efficiente. È così che le soft skill diventano power skill, per supportare l’individuo e l’azienda nel percorso di crescita e adattamento ai nuovi contesti. Dalla gestione del tempo all’utilizzo di tool specifici, serve una revisione generale dove il digitale gioca un ruolo da protagonista

Pubblicato il 18 Lug 2022

Emanuele Castellani

CEO di Cegos Italia & Cegos APAC

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Sintetizzare la relazione tra ICT e formazione nella semplice fruizione di quest’ultima attraverso modalità digitali è sicuramente riduttivo. Il mondo ICT esercita un forte richiamo anche in termini contenutistici, considerando soprattutto il fatto che l’Italia ha un consistente ritardo nella digitalizzazione rispetto a molti stati europei e che c’è un forte gap tra skill richieste e skill presenti. E il tema delle skill, appunto, sta vivendo l’ennesima rivoluzione: non più oggi solo hard e soft skill, stiamo entrando nell’era delle power skill.

Che cosa sono le power skill

Remote collaboration, adattabilità, creatività e innovazione, comunicazione digitale, spirito d’iniziativa, imparare ad imparare e organizzazione efficace delle attività: le soft skill sono cruciali per tutte le organizzazioni, grandi o piccole che siano.

Ma quando si parla di affrontare il cambiamento accanto a quelle consolidate (sopra elencate) si aggiungono pensiero critico ed etica aziendale, fondamentali tanto per il singolo quanto per l’intera realtà aziendale per comprendere l’impatto delle proprie decisioni sul business e sulla società in generale.

L’insieme di tutte le competenze che supportano individuo e organizzazione nel percorso di crescita e adattamento al contesto e a quello che succede si definisce power skill.

Che si tratti di adattarsi a un ambiente di lavoro remoto o ibrido, di costruire organizzazioni più diversificate, eque e inclusive, o di trovare nuovi modi per migliorare la produttività, lavorare in uno stato di costante cambiamento è ormai accettato e previsto. Tuttavia, questo nuovo approccio ha inevitabili ricadute sui dipendenti e sulla loro capacità di eccellere, e stare al passo con i continui cambiamenti, sia nel settore che sul posto di lavoro, è una sfida seria.

È per questo che le soft skill adesso diventano power skill, servono delle competenze. Faccio un esempio: se per una figura commerciale, anni fa, l’utilizzo della tecnologia poteva essere di importanza trascurabile, oggi non è più così. È divenuto fondamentale sapere usare i tool digitali, dal navigatore alla posta elettronica ai social network, fino ad arrivare ai social selling index. E questo è senz’altro un bisogno formativo a cui quella popolazione è esposta. Non solo: la gestione del tempo (una delle soft skill ormai definibile power skill), in un mondo in cui le opzioni, i canali e le modalità si moltiplicano per effetto della tecnologia, diventa ancor più rilevante. Senza una corretta comprensione di quanto sia importante l’utilizzo del tempo, non c’è incremento di performance, anzi il contrario. Inoltre, se qualcuno mi invia una nota su WhatsApp, rimandandomi a una e-mail, nella quale mi si invita ad aprire un messaggio di Teams… evidentemente non c’è solo un problema di scarsa conoscenza degli strumenti informatici, ma anche e soprattutto un limitato rispetto del tempo altrui.

Quali skill bisogna avere

Quando abbiamo chiesto nella survey Cegos Italia “Training modalities & Outsourcing trends” quale importanza si attribuisse a soft skill, hard skill, e-skill e green skill, per le prime due abbiamo rilevato percentuali molto simili, vicino al 4,2 in una scala da 1 a 5 di importanza, mentre le altre sono apparse ancora come da consolidare.

Le Soft skill, dunque, si sono riconfermate un bagaglio di competenze indispensabile da possedere, in quanto trasversali e utili sia al Top Management sia ai collaboratori. A seguito della diffusione di nuove modalità di training, inoltre, la formazione su queste non è più appannaggio solo dei C-Level, ma riguarda tutti i lavoratori.

Le Hard skill, messe in stand-by durante la crisi sanitaria, che aveva spinto le aziende a focalizzarsi su Remote Working e collaboration, a mostrare supporto e vicinanza ai team e a gestire conversazioni difficili, sono, invece, tornate in auge. I cambiamenti avvenuti a seguito del Covid-19 hanno indotto molte imprese a rivedere le competenze specialistiche possedute dai loro dipendenti, probabilmente non più al passo coi tempi.

A seguire le E-skill. Anche in questo caso la pandemia, con la diffusione di tool di remote collaboration come Zoom e Teams, ha giocato un ruolo determinante, andando ad accrescere la necessità da parte delle organizzazioni di colmare il gap digitale. Inoltre, le trasformazioni del mercato del lavoro hanno portato a una richiesta maggiore di competenze tecniche digitali.

Alle competenze in eco-sostenibilità – le cosiddette Green Skill – è stata attribuita un’importanza minore, seppur rilevante, segnale che su questo aspetto le organizzazioni hanno ancora un po’ di strada da percorrere.

La crisi sanitaria ha rafforzato l’importanza di formare le persone e la convinzione che lavorare in emergenza non sia una soluzione sostenibile per incrementare le performance; al tempo stesso il lavoratore assume un ruolo sempre più centrale nel proprio processo di crescita professionale tanto che la responsabilità di accrescere le competenze diventa condivisa tra azienda e singolo.

Il ruolo del digitale nel mondo della formazione

Negli ultimi due anni il digitale ha sicuramente avuto un ruolo fondamentale. Come rilavato dalla survey di Cegos Italia, l’88% delle aziende ha erogato formazione avvalendosi di webinar, il 78% è ricorso alle aule virtuali e il 73% ha puntato sui moduli e-learning. Laddove è stata sentita la necessità di essere tempestivi nell’aggiornamento delle competenze, video, podcast e microlearning hanno vinto a mani basse.

E la soddisfazione? Proponendo nella nostra ricerca tre voci di valutazione, “alta”, “media” e “bassa”, è stato attribuito “alta” per la modalità “face-to-face” (con il 55%) mentre è prevalso “media” per tutte le altre.

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