Il lavoro che cambia

Nuove tecnologie e nuove professioni. Il futuro è adesso

Il mondo del lavoro sta cambiando e vive sempre più di contaminazione. Il digitale non solo sta incoraggiando la nascita di nuove figure professionali, ma sta anche trasformando le professioni già esistenti in chiave tecnologica. Assistiamo così alla nascita del Chief Happiness Officer e all’evoluzione dell’artigiano che diventa 4.0

Pubblicato il 03 Apr 2019

Sara Duranti

Communication Strategist e Digital PR

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Perché parliamo di nuove professioni? Perché il futuro è già qui. E credo che ormai ce ne stiamo rendendo conto. I cambiamenti vanno e vengono veloci oggi. Le nuove tecnologie portano innovazioni, la nascita di nuove professioni, la rinascita o la scomparsa di altre. L’era della Digital Transformation è arrivata travolgendoci, mettendo a dura prova chi invece di vivere e affrontare a testa alta il cambiamento, vuole solamente sopravvivere. Ma non è più il tempo del sapersi arrangiare, oggi abbiamo bisogno di persone in grado di innovare e di rinnovarsi, in qualsiasi settore.

Investire nel cambiamento, nella formazione e nell’innovazione è la strada giusta

Rimaniamo sempre un po’ indietro rispetto agli altri in Italia, ciò nonostante anche nel nostro paese si è iniziato ad investire di più nel digital e nelle tecnologie emergenti. Intelligenza artificiale, marketing automation, blockchain e tecnologie immersive avranno un forte impatto sul mondo del lavoro.

Ѐ in corso una vera e propria rivoluzione che coinvolgerà tutti i settori, dal manifatturiero all’agricoltura, dall’arte all’assistenza infermieristica, dalla contabilità all’ingegneria e alla medicina. Il mondo del lavoro si troverà di fronte ad un bivio: da una parte la necessità di creare nuovi titoli di studio, dall’altra trasformare professioni già esistenti in chiave tecnologica. Nasceranno nuove figure professionali, e importante a questo punto sarà la volontà di conciliare varie competenze, umanistiche, scientifiche, in modo da creare un’interdisciplinarietà applicabile in qualsiasi ambito.

Dal report “Ranstad Workmonitor” emerge che i lavoratori italiani sono al primo posto in termini di volontà di sviluppare competenze in grado di tenere il passo con i tempi e di fare formazione.

Il problema più grande sta proprio qui: la mancanza di investimenti sulla formazione professionale per i lavori del futuro (ormai presente) sia nel settore pubblico che nel privato: siamo ancora carenti, quando invece è proprio in questo ambito che si dovrebbe investire, nella professionalità e nello sviluppo di skill delle risorse umane, per garantire il successo del business.

Professioni più ricercate. Il digitale batte tutti

Il mondo delle professioni sta profondamente cambiando e vive sempre più di contaminazione. Non è un caso quindi che nuove professioni nate nelle startup comincino a diffondersi anche nelle organizzazioni più grandi. Per non parlare poi del digitale che ormai sta modificando in modo profondo non solo come si lavora, ma anche le competenze che sono richieste.

Come mostra l’indagine di InTribe sulle Professioni del Futuro 2019, nella top ten spiccano figure fortemente legate al mondo digitale:

  1. Esperto di cybersecurity
  2. Esperto di blockchain
  3. Data Scientist
  4. Esperto di Intelligenza Artificiale e Machine Learning Specialist
  5. Esperto di meccatronica
  6. Esperto di IoT e Ubiquitous computing
  7. Esperto di user experience
  8. Esperto di realtà virtuale e aumentata
  9. Esperto di fog computing
  10. Growth hacker

A sottolineare questo trend anche i dati dell’indagine di Unionacamere e Anpal, che ha fatto una previsione su quali potrebbero essere le professioni più richieste tra il 2019 e il 2023. Gli ambiti interessati sono sette: digitale, ecosostenibilità, salute e benessere, educazione e cultura, meccatronica e robotica, mobilità e logistica, energia.

Nello specifico, nell’ambito digitale le organizzazioni cercheranno tra 210mila e 267mila lavoratori con specifiche competenze matematiche e informatiche, digitali o 4.0. Fra le figure professionali emergenti spiccano gli esperti di analisi dei dati, sicurezza informatica, intelligenza artificiale, analisi di mercato, ovvero Data Scientist, Big Data Analyst, Cloud Computing Expert, Cyber Security Expert, Business Intelligence Analyst, Social Media Marketing Manager, Artificial Intelligence Systems Engineer.

Professioni che nascono. Il lavoro si può inventare da zero

Investire nella formazione e nella propria professionalità rende la digital transformation un’opportunità. Sempre dal rapporto Ranstad emerge che la maggior parte dei lavoratori si forma da autodidatta, la voglia di cercare opportunità e di creare e sperimentare non ci manca. È così che sono nate ad esempio nuove professioni che fino a 5 anni fa non erano presenti: sono frutto di formazione, potenziamento di skill e della voglia di fare e sapersi reinventare.

Un esempio interessante è quello del Chief Happiness Officer, il manager della felicità che si prende cura dei dipendenti. Il successo di un’azienda dipende molto dalla felicità e dal coinvolgimento delle risorse. Ci si concentra molto sul customer journey e sulla fidelizzazione dei clienti in quest’ultimo periodo, a volte senza pensare che fidelizzare in primis i dipendenti è quello che fa la differenza per il successo di un’azienda. Ecco perchè non è da sottovalutare la presenza di una figura professionale dedicata al benessere dei dipendenti, che garantisca un clima di lavoro positivo, per essere sereni e produttivi. In Italia Velvet Media è stata una tra le prime organizzazioni a introdurre un manager della felicità nel suo organico.

Professioni che si rinnovano. Quando il cambiamento è un’opportunità

Il commercialista innovativo

La figura del commercialista tradizionale sta scomparendo. Non serve più solo l’intermediario con l’Agenzia delle Entrate o “quello che ci tiene la contabilità”. Questa professione non è più la stessa di 20 anni fa. Il cambiamento è una conseguenza dell’evoluzione della società e delle professioni. L’imprenditore contemporaneo ha bisogno soprattutto di una figura che lo sostenga nella gestione della propria azienda e nel business.

Il commercialista oggi è colui che affianca gli imprenditori e li guida in un percorso concreto verso l’aumento della redditività e verso la longevità aziendale. Si trasforma in un business partner e veste i panni dell’imprenditore per trovare soluzioni ottimali a supporto. Ne è un esempio Francesco Cardone di Imprefocus, autore del libro “Impresa Vincente”, che per la caratteristica innovativa del suo studio è stato premiato anche dal Politecnico di Milano con il premio “Professionista Digitale 2016-2017”, attribuito dall’Osservatorio Professionisti e Innovazione.

L’artigiano 4.0

L’artigiano è sempre stato un innovatore se ci pensiamo bene. Per la curiosità, la capacità insita di risolvere problemi, l’abilità nella ricerca di nuovi materiali. La storia che calza a pennello con la definizione di artigiano 4.0 è quella di Lanieri, il primo e-commerce 100% Made in Italy dedicato all’abbigliamento maschile creato da due ingegneri Simone Maggi e Riccardo Schiavotto, passati alla sartoria. Come funziona? Grazie ad una piattaforma omnicanale e un innovativo algoritmo per analizzare le misure anatomiche, Lanieri crea capi di qualità su misura. Nella piattaforma online si caricano le proprie misure, si scelgono i tessuti (che arriveranno addirittura in campioni con uno speciale kit, direttamente a casa) e si ordina. Niente di più semplice. In pochi giorni avrai a casa un abito sartoriale, composto online in 3D.

Perchè rimanere sempre al passo con il cambiamento?

Tutti gli esempi sono stati citati per sensibilizzare. Non sono da leggere e lasciare lì, nei meandri del web. Ma devono essere d’ispirazione per dare una spinta a quelle professioni o imprese che rimanendo immobili andranno incontro a morte certa, scomparendo dal mercato. Molte aziende credono di non avere un urgente bisogno di investire nelle tecnologie emergenti perché pensano di appartenere a settori non ancora investiti dall’onda del digitale e che mai lo saranno. Non c’è niente di più sbagliato e non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e cieco di chi non vuol vedere.

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