Reportage

Come cambierà il lavoro? Alla ricerca dell’equilibrio tra tecnologie digitali, automazione, robotica e HR

Adp ha festeggiato a Milano i suoi cinquant’anni di attività con David Gram e altri esperti, manager e HR manager che si sono confrontati sul tema dell’innovazione e della digitalizzazione nelle imprese. Le testimonianze di Gruppo Hera, Electrolux, Abb e Cosberg

Pubblicato il 12 Dic 2017

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Adp, il gruppo americano che fornisce soluzioni integrate in cloud per la gestione del capitale umano (HCM), si interroga sul futuro del lavoro alla ricerca di un nuovo equilibrio tra tecnologie digitali, automazione, robotica e risorse umane. Gestisce 26 milioni di cedolini all’anno, di cui un milione in Italia e la sua ricerca è concentrata sulla creazione di valore attraverso i big data e gli analytics.

«Il cuore della ricerca è negli Stati Uniti, con le personalizzazioni Paese per Paese (presente in oltre 110 al mondo), ma i ricercatori stanno iniziando a guardare anche all’Europa e stanno nascendo i primi prodotti global. Per esempio, è appena stata lanciata una piattaforma europea di HCM, per 500 clienti in Germania, Olanda e Inghilterra», racconta Virgina Magliulo, general manager Adp Italia.

Per i suoi 50 anni di attività, Adp ha messo a confronto a Milano David Gram, già Direttore dell’innovazione di Lego, co-fondatore e CEO di Diplomatic Rebels, e il giornalista Riccardo Staglianò, autore del libro “Al posto tuo. Così web e robot ci stanno rubando il lavoro” (Einaudi 2016).

Gram ha fornito preziosi consigli su come innovare nelle imprese dotandosi di risorse con mentalità imprenditoriale, propensione al rischio, disponibilità a sviluppare progetti di innovazione non solo incrementale, ma anche radicale con team interfunzionali orientati all’esplorazione e alla sperimentazione. La sua visione è quella di creare una cultura dell’innovazione basata sui tre pilastri di Collaboration, Agility e Learning, moltiplicando la capacità d’innovazione attraverso partnership e piattaforme aperte di condivisione. «Il futuro è già qui, si deve solo decidere come guidarlo, formando all’interno e attraendo persone con la mentalità giusta. Il lavoro non scompare, cambiano le skill richieste», sostiene Gram.

Staglianò invece ha presentato alcune evidenze che mostrano come la robotica stia facendo scomparire lavori tradizionali, che occupavano grandi numeri di addetti. Negli Stati Uniti, per esempio, sono a rischio 3milioni e mezzo di camionisti, che non hanno subito a suo tempo la delocalizzazione, ma ora rischiano di essere sostituiti dalle vetture senza conducente guidati dai robot. La prima flottiglia Uber autoguidata è stata inaugurata a Pittsburgh a settembre. Poi c’è Amazon che con 15 dipendenti produce 10 milioni di valore contro i 47 dipendenti necessari nelle attività tradizionali a parità di valore. «È una bella esperienza per il consumatore ricevere in poche ore un pacco a casa, tra l’altro pagato meno su Internet. Lo è meno l’impatto sulla società e sul mercato del lavoro», ha commentato Staglianò. Altro dato allarmante sulla sproporzione del numero di impiegati tra era predigitale e digitale è il caso Instagram, la piattaforma delle foto digitali, che ha iniziato con 13 addetti nel 2012, ora sono 600, comunque non comparabili con i 140.000 addetti di kodak che ha cessato il proprio business.

A seguire c’è stata una tavola rotonda in cui quattro manager hanno mostrato, raccontando l’esperienza della loro azienda, come affrontare i progetti di digitalizzazione interni, dal punto di vista della cultura e del change management: Alessandro Camilleri, Direttore Sviluppo, Formazione e Organizzazione del Gruppo Hera; Michele Campione, Direttore Risorse umane Emea Electrolux; Andrea Cassoni, Business unit manager Robotics Abb Italia e Gian Luigi Viscardi, Presidente e Direttore Generale Cosberg.

I casi sono delle best practice presenti nella ricerca commissionata da Adp a The European House Ambrosetti “Adp 5.0. Come la digitalizzazione e l’automazione cambiano il modo di lavorare”.

Camilleri di Hera ha raccontato delle esperienze preparatorie (Wiki interni con cui aggiornare i quaderni di mestiere delle proprie community professionali e welfare aziendale su piattaforma digitale) a un’analisi sul livello di propensione al digitale e sul livello di consapevolezza dell’intera popolazione aziendale, con un assessment (Digital Dna) lanciato a giugno che ha già sortito un piano strutturato di formazione di base per tutti e differenziato per manager e Ict.

Campione di Electrolux ha spiegato come abbiano iniziato a occuparsi di Industry 4.0 con un programma di ingaggio personale da parte dei manager stessi, anche over 50, attraverso azioni di contaminazione culturale, visite a incubatori, incontri con guru digitali e startupper under 30, organizzazione di hackathon nelle università europee e con i propri neoassunti, reverse mentoring e coworking space. Quindi hanno creato una community aziendale di 150 persone collegate con un’app in tutta Europa, da cui sono emerse le migliori esperienze di digitalizzazione che hanno poi implementato per tutti. «Sono due le cose fondamentali da capire: tutto è già cambiato, siamo già dentro il cambiamento e lo smartphone e le app sono più che sufficienti per muoversi nel digitale anche a livello aziendale», ha commentato Michele Campione.

Digitalizzare solo se porta valore è la convinzione di Viscardi di Cosberg: «Il know-how è il nostro vero capitale, così abbiamo registrato la conoscenza, digitalizzato e condiviso le informazioni e i processi in modo da non dipendere dai singoli detentori di sapere. Nella mia azienda abbiamo anche abolito il “Si è sempre fatto così” e io valorizzo i giovani in ingresso cambiando loro funzione ogni tre mesi, finché non trovano l’ambiente giusto e non fanno emergere il loro talento così che diventi patrimonio aziendale. Il mio primo progettista viene da farmacia, per esempio» racconta Viscardi. Nello stabilimento di Dalmine di Abb, infine, centro d’eccellenza dove ogni processo è automatizzato (vengono realizzati interruttori per la media tensione), stanno arrivando i robot collaborativi. «Come Abb usiamo gli stessi robot che produciamo. Prima i robot hanno sostituito i lavori pericolosi, poi quelli noiosi e ripetitivi, e quindi sono sempre stati mediamente accolti bene, ora stiamo introducendo quelli collaborativi», conclude Cassoni. C’è chi la produce e già la vive la Industry 4.0.

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