Il lavoro che cambia

Smart Working, cosa chiedono davvero le persone (e perchè serve ascoltarle)

Tornare in ufficio o no? La domanda polarizza il dibattito su come sarà il lavoro del futuro. Proviamo a ribaltare il focus secondo il principio dello Human Centred Design, ragionando sui desideri dei collaboratori. Che ora si aspettano più flessibilità, ma vogliono anche recuperare le relazioni umane perse

Pubblicato il 16 Ott 2021

Laura Fasolo

Associate Partner dell’area “People & Innovation” di P4I – Partners4Innovation

Marco Planzi

Associate Partner, P4I-Partners4Innovation

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Lo Smart Working è finito! Viva lo Smart Working! In un mondo post-pandemico, non solo dal punto di vista sanitario, tiene banco il dibattito sull’opportunità di spostare nuovamente il baricentro lavorativo nelle sedi delle nostre organizzazioni. Sono addirittura nate due nuove keyword: New Normal e Hybrid Work, il cui scopo è quello di alimentare l’immaginazione su come sarà il lavoro del futuro.

Le posizioni polarizzate tengono banco: dagli scettici come il Ministro della PA Brunetta (“un lavoro a domicilio all’italiana”) fino all’entusiasmo di Confindustria Digitale (“non tornare indietro dopo la pandemia”), mentre persino Vanity Fair ne fa scherzosamente una questione di segno zodiacale.

Con un approccio solo apparentemente pragmatico fioccano proposte e soluzioni circa le domande più comuni:

  • Tornare in ufficio: sì o no?
  • Come bilanciare lavoro in presenza e da remoto?
  • Meglio 2 giorni a settimana da remoto o 3? O nessuno?
  • Come collaborare tra colleghi?
  • Quali spazi di lavoro e strumenti servono?

Se le si legge d’istinto, queste sembrano davvero domande di buon senso. Ma per molte organizzazioni non è ancora il momento giusto di porsele e non può essere questo il punto di partenza.

Il rischio che corrono i decision maker è quello di ricadere in un’abitudine “analogica”: prendere decisioni esclusivamente basate sull’istinto, proiettando sull’intera organizzazione l’esperienza personale di quest’ultimo anno e mezzo di lavoro da remoto. In che modo, dunque, portare avanti lo Smart Working? Vediamo la (in parte sorprendente) risposta emersa da una ricerca di Microsoft:

Smart Working sì/no: la risposta spetta ai collaboratori

Prima di cercare le risposte giuste bisogna ricordarsi che il successo di qualsiasi cambiamento del ventunesimo secolo si basa sul coinvolgimento co-creativo e ampio dei collaboratori, perché sono loro che dovranno “vivere” dal punto di vista professionale qualunque modello di lavoro che verrà adottato.

E i collaboratori sono piuttosto chiari a riguardo, come dimostra la ricerca di Microsoft:

I collaboratori vogliono la massima flessibilità per lavorare da remoto MA vogliono anche recuperare la vicinanza delle relazioni umane

A prima vista sembra un paradosso. Tuttavia trattarlo come tale sarebbe miope perché configura un’opportunità unica da affrontare in modo creativo per cogliere i famosi due piccioni, la cui esca è rappresentata dall’approccio Human Centred Design (HCD), che tiene conto della prospettiva umana nel disegno delle soluzioni di business.

Seguendo i principi del HCD, qualunque sia la forma che prenderà il modello di lavoro ibrido della nostra organizzazione dovrà il più possibile dare alle persone la possibilità di:

  • Continuare a godere degli aspetti positivi del lavoro da remoto conquistati duramente nell’ultimo anno;
  • Salvaguardare gli aspetti positivi del lavoro in presenza;
  • Limitare gli svantaggi di entrambe le modalità di lavoro.

La wish list del lavoro nel New Normal

Con l’obiettivo di stimolare la riflessioni ecco una lista dei desideri – non esaustiva – corroborati da alcuni dati e opinioni (non per forza recentissimi, visto che alcuni temi sono trattati ormai da anni), attorno ai quali progettare il lavoro del futuro. Sono suddivisi in aspetti da ridurre contrapposti agli aspetti da incoraggiare indipendentemente dal fatto che si originino di più nello Smart Working o nel lavoro in presenza. Qualunque sia il modello, infatti, questi desideri dovranno essere indirizzati se vorremo guardarci negli occhi e dirci che siamo usciti “migliori” dalla crisi pandemica.

Che cosa potremmo imparare dagli insegnamenti dello Smart Working: 

  • Più produttività individuale (link)
  • Più condivisione della cultura aziendale (link)
  • Più relazioni umane, networking e collaborazione (link)
  • Più sicurezza sul lavoro (link)
  • Più autonomia nel proprio lavoro
  • Più creatività nel lavoro
  • Più fiducia nei collaboratori
  • Più tempo per il benessere e la famiglia (link)
  • Più responsabilità verso l’ambiente

Che cosa potremmo eliminare grazie ai nuovi modelli di lavoro:

  • Meno isolamento sociale (link)
  • Meno malattie (link)
  • Meno controllo dei collaboratori (link)
  • Meno pendolarismo (link #1link #2 ) con conseguente risparmio per i collaboratori
  • Meno riunioni di basso valore (link) e trasferte brevissime (link)
  • Meno lavoro in sedi sovraffollate e con infrastrutture scadenti (link)

Lavoro in ufficio o da remoto? Ribaltiamo la logica

Questa lista generale di desideri deve essere adattata in funzione sia del tipo di lavoro che una persona svolge (famiglia professionale) sia del tipo di persona (attitudini, carattere, abitudini). Ad esempio, i neoassunti hanno esigenze diverse rispetto ai colleghi di lungo corso. Persone introverse vivono il lavoro in modo diverso rispetto agli estroversi. Inoltre, il lavoro a distanza è più facilmente accessibile per gli impiegati, mentre per il personale essenziale (operai, operatori sanitari, commessi, corrieri) lo è molto meno, ma non per questo devono essere esclusi da qualsiasi considerazione.

La logica del ragionamento viene ribaltata: anziché partire dalla soluzione (Smart Working si/no? Come bilanciare lavoro in presenza e da remoto?) dando per scontato di incamerarne alcuni vantaggi e tutti gli svantaggi, possiamo partire dalle caratteristiche che vorremo ritrovare nel prossimo modello di lavoro.

Ci accorgeremo che il cambiamento sarà più profondo: si passerà da una gestione orientata al presenzialismo e al controllo, ad una orientata alla fiducia, alla collaborazione, alla flessibilità e alla delega.

Verso lo Human Centred Design

Anche se è difficilissimo disegnare ora il modello definitivo di lavoro del futuro, sappiamo benissimo cosa le persone vorrebbero enfatizzare e cosa non vogliono che si ripeta da oggi in poi. E su questi aspetti, in puro spirito Human Centred Design, deve basarsi il punto di partenza qualsiasi ridisegno organizzativo, da conciliare con il piano strategico dell’organizzazione.

Oltre ad applicare queste riflessioni su noi stessi e sui nostri team, in Partners4Innovation, grazie alle competenze di Emanuele Madini Laura Fasolo, aiutiamo le organizzazioni a disegnare il loro modello di lavoro con un’approccio orientato alla co-progettazione e allo Human Centred Design.

Non è solo una missione, ma un modo di confrontarci con il mondo e arricchire sia le organizzazioni con cui lavoriamo sia noi stessi.

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