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Osservatorio Smart Working 2019: in Italia smart worker a quota 570mila. Raddoppiano i progetti delle PA

Lo Smart Working è una realtà nel 58% delle grandi imprese, crescono i progetti strutturati nelle PMI, e nella PA toccano il 16%. Mariano Corso: «La vera frontiera dello Smart Working sarà promuovere il “full engagement” delle persone, coinvolgendole sul significato stesso del lavoro, valorizzandone i talenti e le passioni per renderle pronte all’innovazione e al cambiamento»

Pubblicato il 30 Ott 2019

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Gli smart worker in Italia toccano quota 570mila, crescendo del 20% rispetto al 2018. Ad affermarlo l’Osservatorio Smart Working 2019, i cui risultati sono stati presentati oggi in occasione del convegno “Smart Working davvero: la flessibilità non basta”.

Proprio a proposito del titolo dell’evento, Mariano Corso, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Smart Working, ha sottolineato che dire che la flessibilità non basta, non significa solamente che non ce n’è abbastanza, «intendiamo anche che fermarsi al solo scambio di flessibilità è riduttivo rispetto alla posta in gioco. Come confermano i casi evoluti, se nelle fasi iniziali di adozione dello Smart Working si ha un grande beneficio nel trasformare i lavoratori dipendenti, abituati ad avere un orario di lavoro e a lavorare in logica “comand & control”, in smart worker – cioè in lavoratori dipendenti che godono di flessibilità e autonomia nella scelta dell’orario e del luogo di lavoro, disponendo di strumenti digitali per lavorare in mobilità -, alla maturazione di questo nuovo modello si ha un ulteriore passo evolutivo: il professionista capace di autonomia e responsabilità può essere ingaggiato più nel profondo. Le prospettive dello Smart Working fanno sì, quindi, che le rinnovate capacità di utilizzo del pensiero critico e l’engagement forte rendono le persone non solo autonome, ma anche veri e propri imprenditori, ingaggiati sul significato stesso di essere partner dell’organizzazione. La vera frontiera dello Smart Working sarà quindi promuovere il “full engagement” delle persone, coinvolgendole sul significato stesso del lavoro, valorizzandone i talenti e le passioni per renderle pronte all’innovazione e al cambiamento».

I risultati dell’Osservatorio Smart Working 2019

Tra le principali evidenze di quest’anno emerge che nella PA si è registrata la crescita più consistente delle iniziative di lavoro agile: in un anno nel settore pubblico sono raddoppiati i progetti strutturati di Smart Working (passando dall’8% al 16%), il 7% ha attivato iniziative informali (l’1% del 2018), il 6% le avvierà nei prossimi dodici mesi. La percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è, invece, variata di poco (nell’ultimo anno siamo passati dal 56% al 58%) e quella delle PMI è aumentata dall’8% al 12%, ma si è anche registrato un aumento preoccupante della percentuale di imprese disinteressate al tema (passate dal 38% al 51%).

«Guardando ai progetti strutturati delle grandi imprese, abbiamo rilevato una forte crescita interna in termini di persone coinvolte e di maturità dell’iniziativa: se la popolazione aziendale mediamente coinvolta nell’iniziativa nel 2018 era il 32%, nel 2019 è il 48%. In questo caso, possiamo quindi parlare di un vero e proprio consolidamento di questo modello: se da un lato c’è un rallentamento del processo, dall’altro cresce il numero delle persone coinvolte», ha sottolineato Fiorella Crespi, Direttore dell’Osservatorio Smart Working. «Per quanto riguarda la PA ha acquistato decisamente terreno, aumentano le iniziative strutturate, pur avendo ancora una diffusione interna limitata: coinvolgono mediamente il 12% della popolazione dell’amministrazione, percentuale radicalmente diversa a quella delle imprese private e vicina al 10% che la direttiva Madia definiva come limite inferiore all’adozione».

L’Osservatorio Smart Working 2019 ha poi messo in luce come tra i principali motivi per cui si adotta il lavoro agile spiccano il miglioramento del work-life balance dei lavoratori (indicato dal 78% delle grandi imprese e delle PA), seguito da quello dell’engagement e della capacità di attrarre talenti (indicato dal 59% delle grandi imprese, 9% delle PMI e 10% delle PA), del benessere organizzativo (46% per le grandi imprese, 50% per le PMI e 71% per le PA) e della produttività/qualità del lavoro (44% per le grandi imprese, 12% per le PMI e 62% per le PA).

«È interessante notare come l’aumento dell’engagement e dell’attrattività dei talenti, indicato come quinto obiettivo dal 35% dei rispondenti nel 2016, sia oggi la seconda motivazione che porta le grandi aziende a implementare lo Smart Working. Quella di attrarre i talenti è una condizione irrinunciabile del lavoro agile, così come il favorire l’engagement inteso come la disponibilità di mettersi in gioco», ha sottolineato Crespi.

…e gli smart worker?

Dai risultati della ricerca emerge che i lavoratori smart mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale: il 76% si dice soddisfatto della sua professione, contro il 55% degli altri dipendenti; uno su tre si sente pienamente coinvolto nella realtà in cui opera e ne condivide valori, obiettivi e priorità, contro il 21% dei colleghi. Inoltre, sono più soddisfatti dell’organizzazione del proprio lavoro (il 31% degli smart worker contro il 19% degli altri lavoratori), ma anche delle relazioni fra colleghi (il 31% contro il 23% degli altri) e della relazione con i loro superiori (il 25% contro il 19% degli altri).

«I benefici dello Smart Working per le persone sono evidenti: parliamo di maggiore motivazione, riduzione dei tempi e costi di commuting e migliore life-balance», ha ribadito Corso.

Mettendosi nell’ottica dell’azienda invece tra i motivi per cui adottare lo Smart Working spiccano l’incremento di produttività, la riduzione del tasso di assenteismo, la capacità di attrarre i talenti, l’aumento dell’engagement, il miglioramento delle competenze digitali e l’ottimizzazione della gestione degli spazi.

«Ora è necessario accelerare questo fenomeno per amplificare tutti gli effetti positivi che ne conseguono e che poi hanno ricadute anche per l’ecosistema: abbiamo appena iniziato a comprenderne le potenzialità che ha rispetto all’intera società. Il territorio locale diventa più attrattivo, ci sono maggiore inclusione e pari opportunità, si riducono traffico e inquinamento».

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