Success Story

Davines: quando la governance fa leva sul positive organizational management per aggiornare i processi

Dalla nascita di un Village, sostenibile dal punto di vista ambientale e umano, passando per la creazione di un nuovo modello di leadership e di sistemi di misurazione basati sugli OKR, Stefania Bollati e Davide Boccardo, rispettivamente Board Member e Group HR & Organization Director di Davines, raccontano il percorso che ha portato alla creazione di un ambiente di lavoro basato su fiducia, responsabilizzazione, delega e autonomia

Pubblicato il 07 Giu 2021

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Davines, il gruppo italiano noto per la sua linea di prodotti per la cura dei capelli, ha fatto del positive organizational management, uno dei capisaldi della sua strategia per lo sviluppo sostenibile, che coinvolge anche l’HR.

Questa competenza, la settima legata al percorso del CHO, consente di analizzare, ridefinire, misurare e monitorare i principali processi di gestione delle persone, procedure e pratiche fondamentali nello sviluppo di una strategia coerente per generare fiducia, ingaggio, retention, felicità. Con questa capacità verso l’organizzazione positiva si aggiornano i processi di Business ed HR, di staff e di line, per creare condizioni di sistema abilitanti la sostenibilità del cambiamento culturale diffuso a ogni livello: imprenditoriale, manageriale e professionale. Obiettivo fondamentale in questo delicato passaggio è evitare di fare proclami e dichiarazioni formali contraddette nei fatti: lo so… lo dico… ma lo faccio?

Oggi intervisto per Davines: Stefania Bollati, Board Member e Davide Boccardo, Group HR e Organization Director.

Stefania: Imprenditrice e CHO, due ruoli che richiedono una grande capacità di mediazione tra fare impresa e essere impresa, numeri e persone, si può trovare un equilibrio? Come?

Mi agevola l’aver incontrato sul mio cammino il professor nonché amico Sandro Formica, che ci ricorda sempre che l’essere viene, o dovrebbe venire, prima del fare e a maggior ragione dell’avere. Io e la mia famiglia siamo la nostra impresa, i miei genitori l’anno fondata quasi 40 anni fa ormai, mio fratello l’ha resa quella realtà internazionale e visionaria che è, lo dico senza boria, con obiettività. Dall’essere impresa radicata, quindi a valori fondativi e fondanti quali il rispetto, l’inclusività, la perseveranza, l’etica, l’innovatività, l’onestà, la bellezza e tutti i principi umani e umanistici che ognuno di noi, chi più chi meno, riconosce come guida verso il proprio fare, al fare impresa con ruoli diversi, il mio più dedicato a supportare le strategie che mio fratello, presidente di Davines Group, intuisce e poi applica per fare della nostra azienda uno strumento di rigenerazione a tutto tondo, ambientale e sociale ma anche culturale. L’equilibrio nasce dalla nostra complementarietà ma anche dallo “stare negli eventi senza rigidità, rimanendo aperti, mobili e fluidi quanto lo è il corso delle cose e delle persone” (definizione di equilibrio che si trova nella nostra carta etica elaborata dai nostri colleghi che hanno partecipato alla creazione della stessa). Non ho difficoltà a dire che non mi sento affatto la CHO di Davines in quanto il percorso verso il raggiungimento della felicità intesa come realizzazione della propria vera natura, nella nostra azienda è portato avanti quotidianamente da ogni singolo componente l’azienda, in primis i manager che hanno l’onere e l’onore di guidare questo processo con l’esempio e che non a caso hanno un sistema di leadership model, realizzato con successo dal nostro team HR, al quale ispirarsi e anche al quale rispondere. Abbiamo realizzato progetti di allineamento dei comportamenti ai valori che riteniamo fondanti anche perché ci siamo chiesti attraverso una indagine di clima se impersoniamo l’etica che la nostra Carta Etica esprime con tanta forza e che deve essere agita in modo coerente e responsabile da tutti senza eccezioni, e con maggior spinta da chi ha il privilegio di guidare questa azienda a vari livelli. L’indagine ci ha rimandato che esiste un forte senso di orgoglio e appartenenza a un’azienda che si impegna su più fronti a massimizzare il suo impatto positivo, che esprime accoglienza, che crea comunità e che ha un’identità familiare forte che le permette di esprimere un’umanità certamente non perfetta ma autentica , dall’altra però c’è la sensazione che alcuni comportamenti debbano essere migliorati, nell’ottica di una necessaria tensione continua che tutti noi dobbiamo avere a migliorarci, ad autorealizzarci pienamente attraverso relazioni virtuose (che per Aristotele porta niente meno che alla felicità definita eudaimonica). L’imprenditore dovrebbe sentire questa precisa responsabilità e questa è la risposta alla domanda, ovvero che il vero equilibrio nasce proprio dal rendersi garante che il lavoro svolto da ognuno sia mezzo e fine per fiorire come individui.

Davide: Una direzione HR illuminata in una BCorp e Società benefit, da quali processi siete partiti in Davines per allineare gli obiettivi di sostenibilità di maggior impatto sulle persone?  Quale roadmap in evoluzione?

Come sapete siamo una B-Corp certificata dal 2016, ma il lavoro preparatorio è stato lungo e approfondito ed è stato lanciato qualche anno prima. Davines ha, da sempre, curato con attenzione la relazione con i suoi collaboratori e questa peculiarità risulta evidente leggendo il “purpose” dell’Azienda: “Essere i migliori per il mondo, creatori di buona vita per tutti, attraverso la bellezza, l’etica e la sostenibilità”. Ecco, direi che racchiusa in queste poche parole, risiede l’essenza della nostra HR roadmap. Il significato profondo della nostra missione di HR è appunto creare buona vita per tutti i nostri 700 collaboratori nel mondo. Come lo stiamo facendo? Il purpose aziendale citato in precedenza è stato condiviso con tutti i nostri collaboratori nel luglio del 2018, ovvero nel momento in cui abbiamo preso possesso della nostra nuova casa, il Davines Village e parallelamente a questo cambiamento del luogo fisico dove lavoriamo abbiamo fatto partire un progetto che abbiamo chiamato “Davines New Way” che basa le sue fondamenta sulla modalità di lavoro (e quindi di relazione) che vogliamo costruire. In sintesi, siamo partiti con l’intenzione di creare un ambiente di lavoro basato su fiducia, responsabilizzazione, delega e autonomia. Abbiamo avviato il progetto prendendo spunto dal tema dello Smart Working che si è rivelata un’occasione importante per allargare la discussione anche e soprattutto a quale modello di leadership volessimo ispirarci per creare l’ambiente di lavoro di cui sopra. Infatti, lo Smart Working non è una “rivoluzione digitale” bensì una “rivoluzione di leadership” e funziona unicamente se i manager sono in grado di guidare le loro persone con uno stile ispirato principalmente alla fiducia. Quindi l’architrave del nostro progetto è diventata appunto la leadership che è fondamentale in un’organizzazione “positiva” e che, come in Davines, ha come proposito quello di creare buona vita per tutti. Prima non esisteva un modello di leadership come siamo abituati tutti ad osservare nella maggior parte delle aziende. Tuttavia, esisteva qualcosa di estremamente più prezioso, ovvero la Carta Etica, un documento altamente ispirativo elaborato nel 2005 e che, nel 2017, aveva visto una nuova fioritura grazie al coinvolgimento di tutti i collaboratori di Davines sparsi nelle varie filiali presenti nel mondo.

La nostra roadmap è partita da qui e la colonna portante del nostro modello di leadership è la nostra Carta Etica. Ci abbiamo lavorato con tutti i collaboratori partendo dalla popolazione dei dirigenti che abbiamo coinvolto per un workshop di 2 giornate dove abbiamo elaborato le basi del modello che è stato successivamente validato dalla maggior parte dei nostri collaboratori attraverso l’uso di interviste individuali basate su cluster predefiniti e una survey globale. Definito il modello che ha 8 competenze chiave quali ad esempio l’inclusività, la coesione l’intelligenza emotiva e la capacità di condividere abbiamo elaborato un lungo processo con l’obiettivo di far vivere realmente il modello e renderlo parte integrante della vita quotidiana di ognuno di noi. Tutto questo mantenendo sempre vivo e attuale il collegamento fortissimo tra il modello di leadership e la Carta Etica. Attualmente il progetto prevede due attività principali e collegate, una è quella di formare tutti i manager sul modello e su cosa significhi utilizzarlo per sviluppare le persone del proprio team. La seconda prevede un’attività che possiamo definire “rigenerativa” con focus sulla Carta Etica e con il coinvolgimento di tutte le nostre persone che sono state assunte dopo il 2017 (anno in cui è stata elaborata la nuova fioritura della Carta Etica) che insieme ad alcune persone senior fanno un percorso di avvicinamento e riflessione su cosa significhi la Carta Etica e come da questa sia nato il modello di leadership. In sintesi, il viaggio è iniziato anni fa e siamo ancora felici di poterne gustare ogni tappa!

Stefania: Ci racconti la ri-generazione di quale processo ha avuto maggior impatto nella diffusione di felicità ecosistemica in azienda?

Molta della rigenerazione dei nostri processi è derivata da un grande progetto: la nostra Carta Etica e le successive “fioriture”, di cui ha parlato anche Davide. Il grande impatto non solo culturale, derivato dalla co-costruzione del nostro patrimonio valoriale è visibile nella stragrande maggioranza dei nostri progetti che hanno al centro le persone, dalla selezione che si focalizza nella ricerca di candidati che siano in linea con i nostri valori, ai Davines Talk che hanno l’obiettivo di ispirare i collaboratori attraverso testimonianze di persone che possano essere esempi di trasformazione positiva nel lavoro e nella vita. Come collante c’è The Villager, la nostra piattaforma di comunicazione che è uno strumento di condivisione di progetti ed ospita il Davines Learning Hub, che ha come simbolo il tarassaco, che sappiamo si propaga con un soffio d’aria, come cerchiamo di propagare la conoscenza e i valori all’interno di Davines, con la stessa naturalità, come se esistessimo a questo scopo, quello cioè di aiutare le persone a fiorire come individui prima che come collaboratori.

E infine Linda, ultimo nato, un progetto che sposa la Lean come filosofia, che ricerca l’efficienza nel nostro stabilimento e che fa della condivisione e del coinvolgimento la base per il suo successo. Il nostro Village è l’emblema perché rappresenta la casa in cui questi valori si agiscono nella comunità di appartenenza e si portano fuori, nel mondo, che è la casa di tutti. Un Village interamente sostenibile dal punto di vista ambientale e umano. Rigenerazione è per noi molto più di un concetto astratto, è la chiave per interpretare ogni singolo progetto aziendale in un’ottica di innovazione e restituzione. Non è un caso che mio fratello sia membro attivo della Regenerative Society Foundation, un ente internazionale che dibatte su temi universali come Economia Rigenerativa, Lotta al Cambiamento Climatico e Felicità Mondiale e che ha come missione quella di trasformare la società intera grazie all’Economia Rigenerativa. Insomma, tutto si può dire tranne che non ci sia coerenza tra quello che diciamo e quello che agiamo, il tutto accompagnato dalla passione, carburante inesauribile e pulito!

Davide: Un progetto di lungo periodo che richiede nuove prospettive di misurazione e monitoraggio nella gestione e nello sviluppo: kpi e kbi, roi e sroi? Nuove metriche e connessioni tra processi e persone?

Come anticipato è certamente un percorso di lungo periodo e in continua evoluzione come è in continua evoluzione la cultura organizzativa delle aziende. Il tema della misurazione, quindi, diventa fondamentale soprattutto in un’ottica di miglioramento continuo che sta diventando il nostro approccio prevalente anche alla luce dell’implementazione dell’approccio “Lean” nell’area della Supply Chain. Il primo esperimento di misurazione lo abbiamo introdotto subito dopo aver definito il nostro modello di leadership. Infatti, abbiamo coinvolto tutti i nostri dirigenti in un 360 assessment con l’obiettivo principale di analizzare lo status quo delle nostre prime linee in tema di leadership e poi lavorare in un’ottica di sviluppo su questa tematica. Questo primo esperimento è stato prezioso, dal mio punto di vista, soprattutto perché abbiamo chiesto ai nostri dirigenti di condividere in particolare con i loro team il risultato e di elaborare insieme un piano di azione specifico. È stato fatto nella maggior parte dei casi ed alcuni risultati si sono potuti apprezzare. Durante la pandemia siamo stati costretti a mettere in stand-by alcuni progetti che hanno ripreso vita in maniera frizzante da alcuni mesi. Il primo, in tema di misurazione, è stato l’analisi dettagliata dei risultati della ‘’Survey Great Place To Work” che ci ha fornito uno spaccato interessante della nostra organizzazione e che ci sta consentendo di implementare alcuni piani di azione a livelli differenti (per specifica unità organizzativa o trasversali) e che ci consentirà di avere il polso e la misura di quanto messo in campo e ci indicherà le aree dove possiamo e dobbiamo migliorare ancora. Un altro elemento di misurazione importante che stiamo implementando è costituito dal sistema degli OKR (Objectives and Key Results) che è apparentemente un sistema strutturato di definizione degli obiettivi e del loro “cascading” all’interno delle organizzazioni ma, in realtà, è molto di più di questo. Infatti, il cuore pulsante del sistema è un continuo stimolo alla conversazione tra capo e collaboratore per capire le difficoltà che il collaboratore incontra nel portare avanti i suoi obiettivi, celebrare i successi e avere chiaro dove il manager può intervenire per aiutare i singoli membri del team o il team nella sua collettività per raggiungere gli obiettivi co-costruiti sulla base delle priorità aziendali. Questo costituisce, dal mio punto di vista, uno strumento potentissimo di misura dell’esercizio della leadership dei manager, della capacità dell’azienda, nel suo complesso, di essere chiara e trasparente in tema di priorità e obiettivi. Siamo ancora in fase di test che coinvolge alcuni team ma l’idea è di avviare presto un’adozione massiccia all’interno dell’organizzazione. Mi soffermo ancora su un aspetto per me rilevante ovvero il supporto ai manager in questo nuovo percorso. L’idea che l’azienda ha sposato è quella di accompagnare tutti coloro che hanno responsabilità manageriali verso l’evoluzione del loro ruolo potremmo dire da manager a coach. Questa è la nostra nuova frontiera, siamo fortemente convinti di avere necessità di un supporto e di un approccio differente da parte dei nostri manager per diventare realmente un “great place to work” e quindi di ottenere eccellenti risultati di business seguendo il nostro purpose

Grazie Stefania e Davide per questo prezioso contributo

Rilancio l’appuntamento del mese prossimo per l’ottava e ultima competenza con la testimonianza di Aboca: Happiness @ work strategy

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